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Fai bei sogni

26 settembre 2013
Fai bei sogni, Massimo Gramellini, Ed. Longanesi


“Nel giorno del mio compleanno, che è anche la festa degli Angeli Custodi, salii sul Monte Circeo con Elisa per recuperare un brandello delle vacanze perdute.
Costeggiavamo le propaggini del bosco quando da una siepe sbucò qualcosa di completamente bianco. Un cane poco più grosso di un topo, con il muso e le zampe di un lupo.
Annusò l’aria, indeciso sulla direzione da prendere. Poi, fra i numerosi passanti che si contendevano la sua attenzione, puntò risoluto verso di me.
Lo amai subito, dunque tentai di liberarmene. E’ sempre il primo impulso, quando amo. Riuscii a seminarlo a un incrocio, ma Elisa tornò indietro e lo trovò piantato in mezzo alla strada: la stava aspettando.
Divenne Billy. Essendo poco pratici di cani, impiegammo due giorni per scoprire che si trattava di una femmina. Non cambiò il suono, solo la grafia: Billie. Come regalo di compleanno, papà mi aveva spedito un angelo custode a quattro zampe.
Sarei stato il primo a dubitare delle coincidenze astrali, se Billie non si fosse rivelata fin dall’inizio una cagnolina atipica. Non abbaiava ai gatti. Prima di entrare in una stanza sollevava la zampa anteriore per chiedere permesso. Coltivava con puntiglio la sua solitudine e passava giornate intere a osservare un punto indefinito dello spazio.
Col tempo credo di avere capito che cosa vede. Billie intercetta l’energia dell’amore. Si nutre di quel genere di vibrazioni.
Basta che qualcuno nei paraggi alzi troppo la voce perché lei vada a nascondersi in un angolo inaccessibile dello sgabuzzino. Ma se due persone si abbracciano all’interno del suo campo di ricezione, sentiranno uno spostamento d’aria intorno alle caviglie. E’ l’angelo dell’amore che sventola la coda e fa le linguacce, felice.
Il lavoro mi dirottò per tutto l’inverno in un residence di Milano dove venivo raggiunto da Elisa e Billie nei fine settimana. Una sera in cui il cielo era plumbeo e Belfagor mi aveva dipinto il cuore come il cielo, portai il lupo-topo del Circeo in un atollo di verde circondato dal traffico.
Gli altri cani stavano immobili al centro dell’isolotto, paralizzati dall’idea di cadere nel mare di macchine. Invece Billie si affidò all’assetto aerodinamico del proprio telaio e improvvisò un girotondo frenetico intorno all’aiuola. Era una cosa assurda e meravigliosa. Il suo modo di opporsi alla realtà per trasformarla nel sogno che abitava dentro di lei.
Non compresi la lezione e a cena mi sedetti davanti a Elisa per riempire la mia pancia di ravioli e le sue orecchie di lamenti sul mondo che congiurava compatto contro di me.
“Perché ti comporti da vittima senza esserlo?” mi interruppe. “Pensi male. E mangi peggio. Impugni la forchetta come se fosse uno scalpello e hai il sugo che ti cola dagli angoli della bocca. Ma che schifo!”
“Il tuo implacabile senso di osservazione!Signorina undici decimi, di tutto quello che ti ho raccontato l’unica cosa che ti interessa è il sugo?”
“Sì, mi interessa. Moltissimo. Hai quarant’anni e stai a tavola come un bambino viziato. Possibile che nessuno ti abbia insegnato un po’ di educazione?”
“E chi doveva insegnarmela? Chi? Nessuno mi ha mai insegnato niente. Nessuno!”
Solcai a grandi passi il salottino del residence alla ricerca di qualcosa di appagante da distruggere. Finché tra il divano e le tende vidi un tremolio bianco.
Billie. Spaventata, ma soprattutto offesa: senza amore com’ero, la stavo affamando. Caddi in ginocchio e la strizzai in un abbraccio che me ne ricordava uno lontano. Mi uscirono lacrime che non sapevo di possedere. Billie le leccò tutte con pazienza e il furore un po’ alla volta evaporò.”